domenica 1 gennaio 2012

IL PAESE CHE NON E' A MISURA DEL CENSIS


Il 45° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese restituisce l'immagine di un paese "fragile, isolato e eterodiretto". Una rappresentazione ispirata alla vitalità del mito contadino, del buongoverno della "Terza Italia", al moderatismo della politica dei "corpi intermedi". Pubblicato poche ore prima dell'occupazione del Padiglione di Arte Contemporanea a Milano da parte del Teatro Valle Occupato e dei movimenti degli intermittenti dello spettacolo, questa ricerca rappresenta lo scollamento tra il pianeta Monti e la società italiana. 




Scrive il Censis:

"siamo fragili a causa di una crisi che viene dal non governo della finanza globalizzata e che si esprime sul piano interno con un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico".


E' arrivato il momento della sobrietà. Quello in corso con il governo Monti sarebbe un doloroso "recupero della serietà" rispetto allla volgarità e alla dissoluzione di Silvio Berlusconi, l'anarchico incoronato a capo di un paese azienda:


"Dopo anni di emotività confusa - si legge nelle considerazioni finali - il primato della ragione e dell’esperienza si traduce anche in un nuovo atteggiamento verso la politica. Gli eccessi del passato danno meno presa all’adesione per simpatia, fascinazione e carisma. Si chiede una classe dirigente di specchiata onestà sia in pubblico che in privato (59%), che i leader siano preparati (43%), illuminati da saggezza e consapevolezza (42,5%)".

E' dunque finita l'epoca del populismo spazzato via dal famoso sorrisetto manifestato dal Merkozy al termine del 27°vertice intergovernativo europeo che ha stabilito le politiche recessive, e l'introduzione del rigore di bilancio della costituzione italiana. Il sorriso più potente della storia che ha scomposto l'incerto orgoglio nazionale, innanzitutto quello delle classi dirigenti responsabili, e del senso comune tartassato da anni di retorica sul "declinismo" e sulla "fuga dei cervelli".

Scrive il Censis:
"[Il nostro era ] un sistema che, ancora nel picco della crisi 2008-2009, aveva dimostrato una tenuta superiore a tutti gli altri, acquisendo una chiara good reputation internazionale, si ritrova inaspettatamente fragile: annaspando sulla difesa dei meccanismi che supportavano tale good reputation, e ancor più annaspando sulle decisioni che dovrebbero e potrebbero rilanciare lo sviluppo".
Ci vorranno dunque anni per recuperare l'ombra austera di questo misterioso anglismo ("good reputation"). E per questo s'impone ormai l'epoca dell'intimismo responsabile in cui risuonano le parole dell’antica saggezza chassidica: “le parole fondamentali sono quelle tra l’uomo e se stesso”.

"Siamo isolati, perché restiamo fuori dai grandi processi internazionali (rispetto all’Unione europea, alle alleanze occidentali, ai mutamenti in corso nel vicino Nord Africa, ai rampanti free rider dell’economia mondiale). E siamo eterodiretti, vista la propensione degli uffici europei a dettarci l’agenda. I nostri antichi punti di forza (la capacità di adattamento e i processi spontanei di autoregolazione nel welfare, nei consumi, nelle strategie d’impresa) non riescono più a funzionare".

Una delle definizioni sufficientemente icastiche e brevi tanto da entrare nel sottopancia delle Tv AllNews è quella di un paese "solo ma senza solitudine". La difficoltà di concepire una simile postura è innazitutto logica. Quella indicata dal Censis è una condizione senza attributo, o meglio un'attitudine a cui è stata 
sottratta persino il suo significato. 




In Italia esistono individui che sono ancor meno che solitari, addirittura depredati della facoltà linguistica che permette la coincidenza tra la parola e la cosa, tra la sostanza e il suo attributo, tra una condizione e la sua coscienza: solo ma senza solitudine, appunto. Il messaggio che ha battezzato l'epoca del governo Monti è stato niente più caramelle e lustrini, escort e prostituzione rivendicata e pubblica. Figuriamoci le manifestazioni o il dissenso. Abbiate paura. Siamo sull'orlo della catastrofe. E non c'è niente da fare. 


Per chi è stato in Grecia negli ultimi due anni, oppure nei boroughs di Londra o nelle banlieue parigine, avrà avuto modo di osservare quali conseguenze ha sulla vita delle persone l'austerità affermata a livello governativo: l'impoverimento è colossale, cresce l'economia illegale o quella del baratto, si diffonde l'uso dell'eroina, cresce a dismisura il disagio. In questo caso la seria rilevazione del Censis collabora alla definizione irreversibile, oggettiva e naturalistica di questa separazione netta tra la "responsabilità" di un paese che aderisce alle ricette recessive (aumento età pensionabile, taglio della spesa sociale, distruzione delle premesse di una politica anti-ciclica ecc.) e considera gli effetti sociali come "collaterali" di una condizione psicologica improntata all'insicurezza, all'atomizzazione e, parola magica, del "desiderio". 

Ida Dominjianni sul Manifesto 3 dic 2011:
"Ma poi sarà davvero di questo ,
della retrocessione dell'immagine del paese,
che ci vergognamo?"
Scrive il Censis: 
"Da parte nostra riteniamo sia giusto riprendere quanto dodici mesi fa avevamo sottolineato: il bisogno e la prospettiva vitale del “tornare a desiderare” come enzima da immettere nel corpo sociale, nella cultura collettiva, nei comportamenti individuali. E crediamo, tutt’oggi, che quel bisogno e la linea interpretativa sottostante vadano ulteriormente confermati, visto che continuano a operare fattori, come la società mucillagine e il disagio antropologico, che accentuano la dispersione e la crescente atomizzazione dei singoli. Rischiamo di vivere, come in parte viviamo, “soli ma senza solitudine”.

Madonna: True Blue 1986
quando l'Italiano era ancora desiderabile
Per far risorgere il desiderio - la direzione implicita dal basso (dov'è finito, appunto, il desiderio) verso l'alto (dove dovrebbe tornare insieme al desiderio di fare, ad intraprendere, insomma tutte le qualità che hanno reso questo paese famoso nel mondo con il suo "made in Italy", sedendo al consesso dei potenti e prestigiosi membri del "club" fondatore del G8 e dell'Unione Europea) è maschile, simulazione efficace ma rimossa di un'erezione. Un atto di ripresa che - questo è il punto politico dell'ultimo rapporto Censis - che dovrebbe essere accompagnato dalla riscoperta della "rappresentanza".

Ecco come:
"è pensabile e corretto avanzare l’ipotesi che, alla traccia “lunga durata, articolazione e relazionalità”, si aggiunga un faticoso lavoro di difesa e valorizzazione della rappresentanza. [...] le masse, lasciate a dipendere da un quasi ideologico primato del mercato, accentuano i propri difetti e le loro paure, innescando il  rattrappimento individuale, la crescente mancanza di senso e di significato, il complessivo disagio antropologico e il declino di ogni desiderio di futuro". 


Wired: Napolitano uomo dell'anno
L'intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, insieme al ricorso dei saperi degli "esperti", è utile per curare il corpo del moribondo con l'amara medicina delle politiche recessive dell'austerità. Questo "frame" è sottilmente anacronistico perché è stato costruito dal 9 novembre ad oggi, sull'onda del ritorno alla rassicurazione della politica del "buon padre di famiglia", serio, sobrio e responsabile alla luce dei saperi esperti  che sarebbero incontestabilmente detenuti da un governo composto per la netta maggioranza da rettori, professori ordinari e manager bancari di gran vaglia. 



Da qualche ora, prima i sindacati, ma anche Corriere della Sera e Repubblica, iniziano a porsi qualche domanda sull'efficacia di questa politica. Leggiamo, ad esempio, Paul Krugman o Luca Ricolfi qui.  


Se c'è qualcosa di originale, in questo rapporto ricco di dati, analisi e di proiezioni sulla società italiana, è la conferma del senso comune che circola nel dispositivo mediatico: ricerca statistica (che fornisce autorevolezza "scientifica")-informazione (che diffonde la "verità" elaborata "oggettivamente")-decisione politica (che interpreta il "senso comune" elaborato dagli "esperti" alla vita quotidiana). Questo dispositivo che mescola un accentuato soggettivismo dell'osservatore con valutazioni esistenziali e psicologiche che viene usato dalla sociologia del Censis per ottenere un effetto consolatorio sul pubblico dei lettori che, da un lato, vedono confermati nei dati elaborati in maniera autorevole e inappuntabile e, dall'altro lato, vengono rassicurati sull'appartenenza al cerchio ristretto della società italiana, quella che veste il Loden.



Nel rapporto Censis 2011 risplende il motore immobile attorno al quale gravita il dispositivo mediatico che si occupa di "problemi sociali" e di varie sfortunate amenità, all'insegna del paternalismo. Prima con il rapporto Censis 2010, poi con articoli sul Corriere della Sera e su Il Manifesto, Giuseppe De Rita ha già allargato il campo delle responsabilità del "declinismo" italiano ai "vecchi" che hanno sommerso i "giovani" con una sovrastante offerta di beni e servizi che li ha resi incapaci di desiderare alcunchè, mentre il calore materno e nonnesco delle famiglie li ha resi poco propensi a rischiare avventure e responsabilità personalizzate cone dovrebbe fare un cittadino del "made in Italy". I primi responsabili di questa società consumistica sono dunque i genitori e il loro malinteso "giovanilismo" che ha permesso ai figli di credere che tutto è possibile, quando invece nulla lo è. 

Nel rapporto 2011, il Censis fa un passo ulteriore. Superare il "declino", la mancanza di desiderio, la crisi della rappresentanza e il disastro "antropologico" dell'italiano, giovane o vecchio, significa riscoprire:

"Il solido «scheletro contadino», metafora in cui ritroviamo l’origine della nostra cultura di continuo adattamento, resta il riferimento della nostra evoluzione sociale. [...] Potremo superare la crisi attuale se, accanto all’impegno di difesa dei nostri interessi internazionali, sapremo mettere in campo la nostra vitalità, rispettarne e valorizzarne le radici, capirne le ulteriori direzioni di marcia»".





Il mito dell'italiano brava gente, insieme a quello dell'Italia profonda contadina e quello dell'allegoria del "buongoverno" di Ambrogio Lorenzetti (ci aveva già provato Veltroni lanciando il suo "Pd" con esiti grotteschi) è un genere di conforto in tempi di crisi: economico, pronto da portare e consolatorio. 



Ecco come:
la ricerca di nuovi format relazionali: l’esplosione dei tanti social network, la diffusione di aggregazioni spirituali, la crescita di forme amicali collettive (le crociere, le movide, le sagre), lo sviluppo di aggregazioni capaci di supplire alle carenze del welfare pubblico (asili nido, mense scolastiche, esperienze mutualistiche), la partecipazione comunitaria a livello di quartiere urbano o di area agricola, i borghi risistemati e le medie città di antico prestigio, la tenuta di tutti i soggetti intermedi portatori di interessi o di istanze civili.

Ambrogio Lorenzetti, allegoria del buon governo.
Era l'immagine proiettata alle spalle di Veltroni nel discorso
al Lingotto
La sapida tecnocrazia bocconiana viene così sostanziata 
con lo scheletro contadino, solido fondamento sul quale il Censis fa germogliare un altro mito italiano, quello della società del "buon governo", orientata sull'Italia di mezzo, quella dei borghi medioevali, dove il benessere del ceto medio si respira al sabato sera, quando si va al ristorante con la famiglia, i soldi che fanno girare la piccola e media impresa, e si canta insieme al karaoke. 


L'Italiano nel mondo,
stagione pre-Monti 2008-2011



La sintesi è poco credibile e la sua improbabilità rafforza la sensazione di afasia e impotenza che invece, meritoriamente, il Censis vorrebbe rovesciareMa il cortocircuito così prodotto lascia emergere una realtà diversa. 

Nel retrobottega del mito "italiani brava gente"circola il tradizionale pessimismo delle "classi dirigenti" che considerano il "popolo" italiano come il risultato di una "catastrofe antropologica".
 Ideologia sanzionatrice, questa "castrofe" è il risultato di una rappresentazione paternalistica di "questi" italiani. Ai quali viene chiesta la dura fatica, il sacrificio del corpo e della mente, il lavorare per nulla e la santificazione che questo comporta, lo spezzarsi la schiena, per far risorgere verticalmente  il desiderio. Questa rappresentazione si accompagna ad una rappresentazione moderata della politica incentrata sulla riscoperta dei "corpi intermedi" della società - quelli che costruiscono la "rappresentanza" - gli unici che possono far ricrescere un paese destinato ad una recessione più che decennale dal governo Bce-Monti.

IL PAESE CHE NON E' MISURA DEL CENSIS si può vedere in questi due video. A voi giudicare quanto "catastrofica" sia la situazione di queste donne e di questi uomini nel 2011.


E poi nel video dell'occupazione del Padiglione di Arte contemporanea a Milano, ribattezzato dai movimenti degli intermittenti dello spettacolo e dal Teatro Valle Occupato: Padiglione di Arte Comune, il 3 dicembre: visibile qui.

Partendo da queste immagini, che alludono ad una realtà, comportamenti, linguaggi e strutture invisibili alla sociologia del Censis, deriva tutt'altra rappresentazione della vita dei singoli, dei gruppi e delle comunità in Italia. Non certamente rassegnati alla "perdita del desiderio", non impegnati della ricostruzione dei corpi intermedi della rappresentanza e tanto meno ostaggi del senso di colpa derivante dalla "catastrofe antropologica" di cui sarebbero i portatori sani. 

In Italia, c'è vita, molta vita, e fiorisce ben oltre le sorgenti della "vitalità" contadina sulle quali è arrocato il mito dell'italiano.

Roberto Ciccarelli

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